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lunedì 18 febbraio 2008

Chiacchiere e distintivi

Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 18:55
I «CHIACCHIERONI»

Ci sono, nel nostro paese, i «chiacchieroni» e i lavoratori.
Il lavoratore si mette subito al lavoro. Ed è nel suo
lavoro, attraverso e per il lavoro, che riflette, apprende,
giudica, sente e ama.
Il «chiacchierone» prima di tutto parla. La superiorità
che il lavoratore domanda alla sua ingegnosità e alla
sua tenacia, il chiacchierone pretende di trarla
dall'abilità che ha di manovrare le parole e di aggiustare
le norme in un intrico di regole e di teorie di cui egli
è il sommo sacerdote; è quello che egli chiama pretenziosamente
la «logica» e la «filosofia».
Voi imparate ad andare in bicicletta come hanno imparato
e imparano tutti gli uomini, i «chiacchieroni» vi
spiegheranno che questo è un errore: non bisogna forse
prima conoscere le leggi dell' equilibrio e le esigenze della
meccanica? Essi però non sanno andare in bicicletta!
Se osassero, vi dimostrerebbero che avete torto a lasciar
parlare i vostri bebè in modo così poco scientifico
e vi insegnerebbero, per giorni e giorni, le leggi ineluttabili
del vero linguaggio.
Ma i vostri bambini sarebbero muti!
Questi stessi chiacchieroni ci hanno convinti della
necessità di iniziare l'espressione scritta dallo studio
metodico della grammatica e di procedere gradualmente:
dalla parola alla frase, dalla frase al paragrafo,
poi al testo completo.
Essi conoscono la grammatica, ma hanno perso il
dono dello scritto vivo e suggestivo.
Ci decantano anche, con un'impudenza che non ha
riscontro se non nella nostra credulità, la virtù del lavoro
e il fascino bucolico dei lavori campestri; il loro
ruolo non è di lavorare ma di parlare. Ed è in una sala
quieta che essi spiegano con scienza e logica come si lavora
e quello che ci dicono i solchi tracciati di fresco e
le file di pioppi piangenti in autunno, le lacrime d'oro
delle loro foglie oscillanti.
Ma essi non sanno lavorare!
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il mio allievo lavoratore
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 18:56

lo non ho nulla da dire al mio allievo-lavoratore se
non le parole indispensabili per dare, al momento giusto,
i consigli pratici o i gesti attesi e i sentimenti intimi
che si traducono in un movimento, in uno sguardo o in
un silenzio.
Ma il mio uomo crescerà a quella filosofia che è il ri-
'sultato della scienza, della logica e del lavoro.
Ed egli sa lavorare!

ALLINEAMENTO SULLA VITA E IL LAVORO
«L'insegnamento dei tardivi» dice Dottrens, l'eccellente
pedagogista svizzero, «ha permesso di perfezionare
certi metodi pedagogici e, qualche volta, addirittura
di trasformarli».
Non si rammenta forse in tutti i trattati d'Educazione
Nuova che Itard e Seguin fondarono le loro osservazioni
sui tardivi; che la Montessori e il dottor Decroly si
occuparono, originalmente, dell'educazione degli anormali
e che le loro scoperte e il loro materittle che hanno
senza dubbi contrassegnato la pedagogia internazionale,
erano da principio destinati a questo grado speciale
d'insegnamento?

Dobbiamo compiacerci senza riserve di questa origine
e di questa tendenza di una parte importante della
nuova educazione contemporanea?
Ne abbiamo guadagnato, certamente, l'insegnamento
su misura, la necessità dell'interesse personale senza
il quale non vibra alcuna fibra dell'essere amorfo,
l'individualizzazione dell'insegnamento che permette a
ogni allievo di dare ciò che può, la materializzazione e
la sperimentazione che correggono, poco a poco,
l'intellettualizzazione a oltranza che ci affligge: tutte
conquiste di cui noi non apprezzeremo mai abbastanza
la portata nel processo di modernizzazione pedagogico.
Ma non si correrebbero anche dei gravi pericoli ad
allinearci così senza riserve, sull'educazione degli anormali,
e non sarebbe tempo di reagire per realizzare una
pedagogia più naturale e più umana?
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3 pericoli essenziali
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 18:58

Oggi elencherò tre di questi pericoli essenziali:

1° La pedagogia degli anormali ci insegna a procedere
prudentemente, passo passo, nella via della
comprensione, della acquisizione e dell'azione. Essa dimentica
che ci sono individui atti a salire le scale quattro
a quattro e che, d'un balzo, arrivano alla sommità, e
per i quali è terribilmente snervante e a volte debilitante,
segnare il passo.

2° La pedagogia degli anormali ha valorizzato l'insegnamento
concreto e la sperimentazione, ma anche il
materiale didattico e i giochi. In questo dominio noi assistiamo
a un vero regresso che, sotto l'etichetta del progresso,
limita gli slanci e le audacie.

3° Il dottor Decroly ha messo in valore la necessità
dell'osservazione minuziosa, pezzo a pezzo, briciola a
briciola. Riesce molto bene agli anormali, ma trascura
completamente quell'altra osservazione che agisce secondo
altri processi sintetici, per mezzo dei sensi e con
possibilità talvolta ancora misteriose, quell'osservazione
che si fa in un lampo, che vede, in un colpo d'occhio,
ciò che ore di osservazione guidata non saprebbero far
scoprire.

Si è detto troppo: «Allineamento sui tardivi!»... Se
dicessimo: «Allineamento sulla vita e sul lavoro»?

IL TRE NON VIENE PER FORZA DOPO IL DUE
Due e due non fanno sempre quattro. Il tre non viene
per forza dopo il due. Il bambino può benissimo arrivare
alla sommità della scala senza salire metodicamente
gradino per gradino; e io sono capace di dirvi,
senza contarne le teste, se nel mio gregge manca una
pecora.
Voi levate le braccia al cielo: tali affermazioni del
tutto empiriche contraddicono e rovesciano tutta la pedagogia
matematica, apparentemente scientifica. Che
avverrà, quando proveremo, coi fatti, che si può imparare
a leggere senza aver mai studiato gli elementi che
compongono le parole e le frasi; che certi problemi
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Capaci di stupirvi
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 19:00

complessi sono solubili attraverso vie diverse da quelle
troppo graduate, previste dai vostri libri; che i nostri
bambini sono capaci di dipingere un quadro commovente
senza aver seguito quei corsi che avevano, fino a
oggi, il monopolio della preparazione all'arte; che sono
capaci di stupirvi, col loro senso poetico, anche prima
di conoscere una sola regola di grammatica, d'ortografia
o di metrica?
Se questo è vero, ed è vero, è perché esistono, per la
conoscenza e la cultura, strade diverse da quelle che insegna
e segue la scuola. All' entrata di queste strade i falsi
sapienti avevano posto una grande scritta rossa: «Vietato
ai maestri». Noi abbiamo scostato il cartello ed
esplorato con successo le strade possibili verso le cime
agognate.
Quando eravamo piccoli, la sera sognavamo una
grande magica scala i cui pioli si susseguivano gli uni
agli altri fino a giungere al cielo, ed ecco che gli uomini,
imitando gli uccelli, hanno abbandonato l'ascesa
metodica per lanciarsi verso l'azzurro
Anche noi prendiamo lo slancio verso la vita: se il
bambino si interessa e si appassiona alla propria cultura,
se «vuole» creare, istruirsi, arricchirsi, vi riuscirà
forse percorrendo vie illogiche o di contrabbando, ma
in tempo di primato e con una sicurezza e una pienezza
che ci sorprenderanno.
Tutto sta nel ritrovare quello slancio, quella vita,
quel furore di volere che è pur nella natura del nostro
essere. Se noi ci riusciremo nelle nostre classi, saranno
risolti tutti i problemi accessori.
Potremo allora abbandonare la scala metodica e
spiccare il volo.
esercizi per sapere

DUE E DUE NON FA SEMPRE QUATTRO
Ai miei tempi due più due faceva quattro; ripetevamo
cantilenando la lista delle sottoprefetture, recitavamo
la tavola pitagorica avanti e indietro e affrontavamo
la strategia delle guerre di Luigi XIV e Napoleone.
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Uccidersi a vicenda
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 19:01

Bando al sentimento, ci dicevano. La scienza è impassibile
e impersonale; studiatela e sarete uomini.
Sì, degli uomini che sono andati a uccidersi a vicen-
da come bestie sulla Marna e sulla linea Maginot e che
preparano delle nuove Hiroshima.
Ma ecco: due e due non fa più quattro; le sottoprefet-
ture sono ormai senza funzione; la macchina calcola
meglio e più rapidamente dell'uomo in avanti, indietro
lateralmente; le guerre moderne hanno eclissato gli
eroi in trine di «Signori inglesi tirate per primi!».
Oggi la radio non si nutre affatto di problemi matematici
ma di canzoni, di cori e di musica, e gli uomini
le donne vanno al cinema per ridere e piangere come
per dimostrare a loro stessi che al di là della catena mec-
canica della scuola, dell'ufficio, e dell' officina, essi re-
stano uomini e donne e non per quello che essi cono-
scono ma per quello che vivono nella carne, nello spiri-
to, e nel sangue.
Senza dubbio essi hanno ragione; la scienza co-
struisce dei robot che, in quattro e quattr'otto, calcolano
a una velocità vertiginosa e sono capaci di abbassa-
re le leve a comando e di seminare la morte al di là dei
mari. Tuttavia la scienza non è ancora arrivata a realiz-
zare l'uomo che pensa non per mezzo di fili e ingranag-
gi, ma col suo essere sensibile che è capace di marcare
il suo sigillo il destino dei robot.
Ed è questo essere sensibile che noi dobbiamo edu-
care non soltanto a creare e ad animare robot ma anche
l dominarli e ad asservirli, per esaltare gli elementi di
coscienza e di umanità che sono la grandezza e la ra-
gion d'essere dell'Uomo.

FATE SALTARE I RULLI
Siamo franchi: se si lasciasse ai pedagogisti la cura
esclusiva di istruire i ragazzi sull'uso della bicicletta
non avremmo molti ciclisti.
In effetti bisognerebbe, prima d'inforcare il veloci-
pede, conoscerlo, dettagliarne i pezzi che lo compongono
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La bicicletta
Inserito da webeditor il Gio, 24/01/2008 - 19:02

e aver fatto con successo numerosi esercizi sui principi
meccanici della trasmissione e dell'equilibrio.
Dopo, ma soltanto dopo, il bambino sarà autorizzato
a salire sulla bicicletta. Oh, siate tranquilli! Non lo si
lancerà sconsideratamente su un percorso difficile dove
potesse rischiare di ferire i passanti. I pedagogisti
avranno messo a punto buone biciclette da studio,
montate su rulli giranti a vuoto sui quali il bambino imparerebbe
senza rischio a tenersi in sella e a pedalare.
E solo quando lo scolaro sapesse montare in bicicletta
lo si lascerebbe andare liberamente sul suo mezzo
meccanico.
Fortunatamente i bambini sventano in anticipo i
progetti troppo prudenti e troppo metodici dei pedagogisti;
scoprono in un granaio un ferro vecchio senza
pneumatici né freni e, di nascosto, imparano in pochi
minuti ad andare in bicicletta come, d'altra parte, imparano
tutti i bambini senza conoscenza di regole né di
principi: afferrano la macchina, l'orientano verso la discesa
e vanno ad atterrare contro una scarpata. Ricominciano
ostinatamente e, a tempo di primato, sanno
andare in bicicletta. L'esercizio farà il resto.
Quando in seguito, per correre meglio, dovranno
riparare un pneumatico, aggiustare un raggio o rimpiazzare
la catena. allora vorranno sapere dai compagni,
dai libri o dal maestro, ciò che voi cercate inutilmente
di inculcare loro.
All'origine di ogni conquista c'è, non la conoscenza,
che non nasce normalmente che in funzione delle necessità
della vita, ma l'esperienza, l'esercizio e il lavoro.
Fate dunque saltare i rulli e inforcate la bicicletta!

LA NOZIONE DI VELOCITÀ
I maestri sono ancora, nelle loro classi XIX secolo,
come quei contadini che, cinquant'anni fa, vedevano
passare sulle strade tranquille dei loro villaggi le prime
automobili scoppiettanti e impolverate:
«Che cosa! Andare così in fretta!... come se non ....
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